Il FUMO, LE SUE ORIGINI ED I SIGNIFICATI DELL’ARTE DI FUMARE NELLA STORIA

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Il FUMO, LE SUE ORIGINI ED I SIGNIFICATI DELL’ARTE DI FUMARE NELLA STORIA

Luigi Mascheroni sul Il giornale scrive :

” Ci fu un tempo, prima che diventasse un vizio, in cui il tabacco era un rito, un piacere, una medicina, una moda, un atteggiamento aristocratico, un commercio capace di fare e disfare le fortune delle nazioni, un compagno fedele per gli scrittori, uno strumento diplomatico per i governi, un genere di conforto insostituibile per i soldati, un mezzo di emancipazione per le donne.

La politica lo ha utilizzato, l’economia spremuto, la scienza studiato, la religione demonizzato. E la medicina combattuto.

Ma senza vincerlo.

Perché il fumo – dopo che l’uomo incontrò la pianta del tabacco nelle Americhe circa 18mila anni fa, e poi cominciò a coltivarla sulle Ande peruviane-ecuadoriane tra il 5000 e il 3000 a.C. – è stato accolto in così tante culture diverse, dalle civiltà precolombiane ai popoli europei, dalle tribù degli Indiani d’America a quelle africane?

Tra i venti o diecimila anni fa, in una zona imprecisata del continente che oggi chiamiamo America del Sud. Un nostro antenato cammina a grandi passi attraverso le ceneri di una foresta, che per qualche evento naturale ha preso fuoco.

Inciampa, cade e finisce con la faccia addosso a un cespuglio fumante di quella che, molti secoli dopo, grazie all’ambasciatore di Francia a Lisbona Jean Nicot (che introdusse, siamo nel 1550, semi di tabacco alla corte del re di Francia prescrivendone l’uso medico), oggi chiamiamo Nicotiana rustica.

Forse l’amerindo è ferito, ma «sente» la pianta che brucia. E ne trae piacere. Da quel momento, l’Uomo prenderà l’abitudine di aspirarla.

Il tabacco nel corso dei secoli è stato fiutato, masticato, mangiato, bevuto, spalmato sui corpi, utilizzato per gocce negli occhi, usato come impacco, fumato.

Veniva soffiato in faccia ai guerrieri prima della battaglia, sparso sui campi prima della semina, sbriciolato sul corpo delle donne prima del sesso, veniva offerto come dono agli dèi, «consegnato» ai maschi adolescenti come simbolo nei riti di passaggio dalla pubertà all’età adulta, consumato come medicina grazie alle sue proprietà analgesiche e antisettiche in decine di disturbi, usato come narcotico.

Gli sciamani ne facevano una forza benefica e lo fumavano per entrare in comunicazione con il divino, durante le carestie serviva ad alleviare la fame, nei rapporti fra tribù o popolazioni scambiarlo era segno di accoglienza e di amicizia, è stato per almeno due secoli un imprescindibile sostegno sociale alla conversazione, e – cosa non di poco conto – costituì il volano economico per lo sviluppo, anche politico, di intere nazioni: insieme al cotone il tabacco era la spina dorsale del commercio degli Stati americani del Sud.

E, per dirla tutta, il tabacco fornì sia la causa (una questione di dazi) sia la conclusione (Benjamin Franklin comprò l’alleanza con la Francia contro gli inglesi con cinque milioni di libbre di tabacco) della guerra di indipendenza degli Stati Uniti.
Un tiro, una boccata.

Il tabacco si diffuse sulla Terra come un’epidemia, attraversando frontiere e culture. Già nel ‘700 contagiò allo stesso modo gli africani, i buddhisti, i vescovi cristiani. Divenne una delle merci principali lungo la Via della Seta.

E ogni epoca, ogni censo, ogni Paese ebbero le proprie usanze e le proprie preferenze. In Sudamerica i gentiluomini e le signore fumavano i ceegars, cioè i sigari. In Europa, prima che i romantici Samuel Taylor Coleridge e William Wordsworth impugnassero la pipa, furoreggiò il tabacco da fiuto.

Solo che gli inglesi sputavano ovunque (come gli americani, in verità), mentre i francesi lo fecero diventare qualcosa di elegante e letterario.

Il Don Giovanni di Molière inizia con il personaggio di Sganarello che canta le lodi del tabacco con una tabacchiera in mano, e la cosa la dice lunga.

Grazie all’abitudine di Napoleone (che ne consumava un chilo a settimana, l’equivalente di cento sigarette al giorno), fiutare tabacco divenne il passatempo preferito dell’ancien régime. Gli ufficiali di cavalleria, invece, per questione di comodità, maneggiavano solo sigari. Mentre i contrabbandieri nella Spagna dell’800 – i leggendari bandoleros – furono l’anello di congiunzione erotico tra machismo e tabacco.

Poi, sarebbe arrivata la pubblicità col cowboy della Marlboro. Come to where the flavour is. È solo questione di gusto. A rendere il fumare una consuetudine, come mangiare o bere, aveva già pensato, con modelli irresistibili come Bette Davis o Fred Astaire, il cinema.
La vita insegna che respirare è aspirare. E la letteratura che aspirare è un’ispirazione. Il tabacco già nel ‘500 divenne uno dei prodotti preferiti dai poeti cinesi, che fumavano per aiutare l’atto del comporre.

Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray scrive: «Una sigaretta è il prototipo perfetto di un piacere perfetto. È squisita e lascia inappagati. Cosa si può volere di più?».

E il fumo, in generale, è stato sempre associato ai geni creativi del linguaggio, da Dickens (un tabaccofilo di prima categoria) a Mark Twain (appassionato fumatore di pipa e sigaro) fino a Karl Marx, il quale consumò centinaia di sigari a buon mercato mentre scriveva le sue opere politiche (lui che lasciò detto «L’utilità di una cosa ne fa un valore d’uso»), e Rudyard Kipling (il quale invece ci ha lasciato l’immortale verso «Una donna è soltanto una donna, ma un buon sigaro è una bella fumata»).

Per il resto, una sola notazione. Decenni di doverosi sconsigli medici (e anche, diciamolo, di pretestuoso terrorismo psicologico) ci hanno fatto dimenticare che il tabacco, per mezzo millennio, dalla scoperta dell’America a oggi, ha rappresentato non solo il bene comune più democratico: accessibile a tutti, con poco. Ma anche, incredibilmente, il vegetale più consumato sul nostro pianeta.”

Fumare è un’arte.

Una delle più antiche forme di socializzazione, ma il fumo del tabacco è stato anche una forma di comunicazione con gli dei , con il paranormale, ed una forma per fare pace, chi non ricorda il calumet della pace?

Se fumi solo in alcune situazioni come alle feste, nei bar con gli amici, di sera, nei weekends, se non ti consideri davvero un fumatore allora sei un fumatore sociale.

Non sei necessariamente dipendente dalla nicotina ma potresti esserlo dal fumare, dal gesto in sé, dalla situazione.

I fumatori sociali sono individui che fumano occasionalmente e in genere solo quando gli altri intorno a loro sono fumatori – quanto invidio la vostra capacità di dimenticarvene se non siete circondati!

Il fumo è un’ottima occasione per socializzare e, diciamolo, anche per rompere il ghiaccio.

Nonostante le campagne antifumo si rivolgano a un pubblico sempre più giovane, purtroppo la sigaretta resta un simbolo di affrancamento dalla fanciullezza; forma di affermazione e autodeterminazione, viene percepita come segno d’ingresso nell’età adulta.

I fumatori consapevoli ed adulti, in grado di separare la mera dipendenza dal godimento.
A noi si rivolgono sia il fumatore esperto sia il principiante che si avvicina per la prima volta alla pipa. Per noi è una soddisfazione disquisire su tutto quello che i fumatori di pipa dovrebbero sapere, sui vari tipi di tabacco e sull’anatomia della pipa ( PIU’ INFORMAZIONI ).

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